Letteratura italiana dell'ultimo '900
   
La barranca del cobre
 


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by Fulvio Allegri
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Fulvio Allegri � nato a Orvieto (TR) il 25 febbraio del 1950, e l� si � diplomato nel 1968 nell'allora innovativo campo dell'elettronica
applicata alle telecomunicazioni. Ha lavorato tre anni e mezzo con la SIT Siemens nella costruzione delle centrali telefoniche e dal
1975 lavora per la IBM Italia nel campo della manutenzione su grandi elaboratori. Nei suoi ritagli di tempo, oltre ad aver scritto nove raccolte di poesia (Il momento dei momenti, Come il vento, Foglie di canna, Rigel, Elegie nuove, Alternanze e incroci, La lanterna a petrolio, La barranca del cobre e Il dolore delle mani), ha quasi ultimato un romanzo dal titolo "La scala contro il sole". Sta lavorando anche ad un altro romanzo dal titolo "Vi confesso che la guerra continua". E inoltre raccoglie fiabe inedite dell'Italia centrale, quelle fiabe
che le vecchie nonne contadine si sono tramandate oralmente di generazione in generazione fino ai nostri giorni, e che se non
venissero raccolte e trascritte, fra qualche altra generazione, vista l'evoluzione dei mezzi di comunicazione ne perderemmo
completamente le tracce.

Non ha mai pubblicato niente, poich� ogni editore al quale si � rivolto, gli ha chiesto dei soldi, e lui � convinto che la cultura sia un
bene di tutti e che, semmai, dovrebbero essere coloro che ne usufruiscono a spendere qualcosa poich� il loro sapere diventa pi�
grande.

E' alla ricerca di un editore serio e in grado di divulgare i suoi scritti ad un prezzo popolare e accessibile a tutti.

Si scusa con i visitatori del sito per l'incompleta versione dei volumi e comunque � disponibile a eventuale approfondimento con chi
ne facesse richiesta all'autore stesso e prega ogni visitatore di esprimere un suo giudizio che sar� tenuto in seria considerazione.




Volume 8 pag. 66
Da "La barranca del cobre" 1996
(Dedicato agli indiani Tarahumara del nord Messico)



LA BARRANCA DEL COBRE




NEL VENTO



La tua mano Marta
per correre insieme nel vento
tirati come un aquilone
come una vela spinti.
Lucida ossidiana
avevi la mia mano
ed io la tua
senza chiedere niente
senza avere nient'altro,
sorridevi nel vento
carezzata dal vento
in un soffio vitale
che sgorgava dai tuoi occhi.


9310020650



RARAMURI


Dei vostri occhi sereni
accesi su di me
solo a voi il gaudio confesso:
specchiano i vostri volti antichi
nell'universo
e in me � riflesso.

Costruisco intorno a me
l'aria di festa
per coprire il bisogno che ho
dei raggi di sole caldo
e, avvolto nelle onde sonore
delle travolgenti note
del canto dei vostri occhi,
strappo ogni alba
i miei sogni
alla notte.

9405121658



TARAHUMARA


La vostra canzone irrora
di chiaro di luna la sera
e i giorni di carico azzurro.
Il suono dei violini inebria
i vostri occhi costruiti
per riflettere dolcezza.
Leggero nel sole della sierra
evapora lo spirito soave
sopra i fiori di agave.

9410181325



MI MANCHERETE


Nella confusione
dei miei sogni scoloriti
sprecando azioni ed energie
perfino il sesso avevo dimenticato
(per indifferenza)
mentre ruvidi asfalti
consumavano le mie scarpe
il motore.

Stringo forte gli occhi, ora
per sfuggire i vostri volti
- NON POSSO RESTARE CON VOI -
ma lascer� aperto
un viale nei pensieri e le orecchie
cosi i nostri messaggi
eterei viaggeranno trasparenti
da una met� all'altra del cielo.

Non vomiter� parole di commiato inutili,
come i vecchi tronchi vuoti
vomitano segatura dai loro buchi,
ma in voi ho ritrovato
il sorriso dei miei occhi
e mi mancherete,
da domani,
come l'acqua nel deserto.

93062619



MARATONA


Come le tue,
le nostre gambe in corsa
consumano impervi sentieri d'amore
in una maratona
infinita.

L'amore per te indio,
trascinante cometa
del nostro petto, rifrange
nelle pietre levigate del tempo
dei tuoi immemori canions,
ove antichi teschi
e tenere gote
il vento sfiora.


Come il tuo,
il nostro amore in corsa
su arcobaleni di pace
in questa maratona
senza fine.

9603211730
 
La scala contro il sole
Capitolo decimo
UN MURO DI NEBBIA
Un incidente aveva costretto Fausto per tre mesi su una carrozzina; per altrettanti si era mosso con le stampelle. In carrozzina era andato al funerale del padre. Questi fatti avevano segnato in modo indelebile la sua vita. Tutto era diventato meno essenziale ed ogni cosa assumeva ora un?importanza diversa.
Ripensava spesso a tutte le sue potenzialit� non sviluppate, al tempo sprecato in cose futili, banali e l?assaliva un?angoscia che gli chiudeva lo stomaco, gli faceva dimenticare l?orario dei pasti. Cadeva in un tedio che lo rendeva ogni giorno pi� pessimista. Ogni cosa che guardava la vedeva con occhio critico, con aria di sufficienza, senza interesse. Era finito in un fitto banco di nebbia che aveva nascosto la sua anima e questo gli dava la sensazione che ogni giorno qualcosa sparisse dal suo corpo: come un presepe al quale ogni anno mancasse un pastore.
Per troppo tempo si era accoccolato nel presente per quel tanto di felicit�, di appagamento che gli dava. Per�, adesso, il presente era dolore e si rendeva conto ogni giorno di pi� di aver vissuto sempre dentro una placenta dove si era trovato abbastanza bene da escludere dai suoi desideri quello di uscirne fuori. Ma ora quella placenta gli era diventata troppo stretta, una prigione, e non vedeva l?ora di spaccarla, di uscire all?aperto, di respirare, di vivere. Poteva riservargli ancora qualcosa il futuro? Forse una vita nuova. Voleva ricominciare daccapo, come un bambino quando nasce: nudo.
La morte del padre lo aveva fatto riflettere sulla vita. Ci si era di nuovo attaccato. Ma il pessimismo continuava a farsi largo in lui e si impossessava sempre di pi� di quella parte gioiosa che pure lo abitava.
?Siamo solo il carburante di questa inesorabile macchina che � il mondo. Ci brucia tutti ? pensava ? e non solo noi. Ci possiamo illudere solo di essere gli ultimi a bruciare?.
Anika era partita un giorno d?estate per un interminabile viaggio nel Nuovo Mondo. Aveva acquistato un pensierino per un bambino indigeno che aveva adottato a distanza, e che aveva visto soltanto su una foto. Voleva vederlo dal vivo, sicuramente abbracciarlo.
Fausto, per non pensare, si era concentrato sul lavoro, e aveva continuato. a fare ogni cosa come se fosse l?ultima. lo aveva imparato dagli indiani Tarahumara.
Capitolo undicesimo
LO SPLENDORE DEL MATTINO


Erano passati quattro lunghi mesi, ma un giorno Anika lo aveva chiamato. Un tuffo al cuore annunci� a Fausto che i loro sentimenti non erano cambiati. Al telefono percep� il viso di Anika rigato di lacrime: aveva perso un amico indiano, ucciso a bastonate da due uomini che stavano litigando e che lui aveva cercato di separare. Mentre parlava angosciata al telefono, Fausto ricordava il giorno in cui era morto Franco e con lui, lei aveva perduto tutto, la figura di riferimento della sua vita, le sue radici; anche se quel giorno non aveva fatto neanche una lacrima. Come era diversa ora nell?esprimere il dolore per una irresponsabile separazione!
Il fatto che cercasse consolazione in lui lo aveva fatto sentire importante. Fausto le aveva dato la breve comprensione che si pu� offrire attraverso un telefono cellulare nelle ore di punta. Ma si erano rivisti, spesso. Niente sesso, un affetto pulito, che a Fausto piaceva sempre pi�. Gli dava una pace interiore che non aveva mai provato prima. Dio sa se desiderava fare l?amore con lei. Una parte di lui, quella che sentiva di pi� gli anni che passavano, gli diceva di non perdere un giorno, un?ora, un minuto. Gli diceva di prendere quello che voleva, di vivere, godere. Ma l?altra parte di lui aveva una immensa paura che, se fosse successo, si sarebbe incrinato qualcosa nel loro rapporto, e questa sarebbe stata l?ultima cosa che desiderava. L?amore lo valeva. L?amore vale qualunque cosa, qualsiasi sacrificio.
Si sentiva libero. Avrebbe voluto non rinunciare pi� alla libert�. Uno spirito libero in un corpo libero. Lo aveva sentito dire da qualcuno, gli era piaciuto e ora lo sperimentava.
Non aveva mai avuto un temperamento impetuoso, ma piuttosto domestico, basato sulla calma, sulla riflessione, sul possibile amore per ogni cosa o persona. L?amore rimasto in lui aveva cercato di donarlo come sapeva, come aveva imparato da solo a fare. Nel matrimonio aveva trovato un rapporto basato su una serie di alti e bassi, pi� bassi che alti, e sempre aveva insistito a pensare che, in fondo, la moglie e lui avevano bisogno l?una dell?altro. Per� insisteva nel pensare che quando si ama una persona si deve amare tutto di lei, il suo corpo, fegato, i polmoni, e gli organi interni del suo animo, la sua infanzia, i suoi sentimenti verso la madre o il padre, il suo amore per un peluche o una bambola, la sua mente, i movimenti, i difetti, perfino la somiglianza con qualcuno che si era amato prima di lei.
Fausto aveva cercato pi� volte di mettere in pratica questa sua convinzione ma, sinceramente, gli riusciva sempre meno. Proprio quegli alti e bassi, anzi i bassi, gli avevano tolto a poco a poco forza alle gambe, come i colpi ai fianchi in un incontro di boxe.
Aveva sempre perdonato la moglie per la sua trascorsa infanzia e perch� si era convinto che generosi non si nasce, ci si diventa e, prima o poi, anche lei lo sarebbe diventata. La scusava dicendo che in realt� siamo tutti aggressivi. Era per� anche consapevole di vivere in un mondo trasognato e che questo aveva senz?altro ripercussioni nella vita di coppia. Ognuno rimproverava all?altro di avere poca sensibilit�, di essere egoista, di vivere di fantasticherie o di essere ambiguo. Di fatto costruiva labirinti, citt� incantate e le abitava come se fossero reali. Questo succede un po? a tutti coloro che vivono in un universo da loro creato e tendono a trasportare coloro che amano in questo loro mondo. Possono cos� creare una suggestione positiva, ma spesso � grande anche la delusione che provocano a se stessi e agli altri. La maggior parte delle persone cerca infatti realizzazioni concrete, terrene e perci�, di fronte a questa produzione di immagini, ha l?impressione di trovarsi di fronte a qualcosa di irreale o addirittura di falso. Pericoloso? A volte, poi, subentra la gelosia per non essere stati ammessi in quel mondo. Come se l?altro avesse un?amante: il suo doppio. Anche questo doveva essere successo alla moglie.
Erano parecchi anni ormai che Fausto si tirava dietro, come una palla al piede, il peso di un amore non corrisposto. Sentiva di aver passato troppo tempo senza essere amato e, giorno dopo giorno, stava perdendo anche l?amore per se stesso. Era in grado di reggere ancora la disapprovazione, l?antipatia, la mancanza di rispetto nei suoi riguardi? L?avvertire questo sentimento lo isolava dolorosamente, ma non era niente in confronto alla sensazione devastante che avvertiva quando disapprovava se stesso o nutriva antipatia e disprezzo di s�. Sapeva bene che il disprezzo nei confronti degli altri, poteva rendere preda dei sensi di colpa, ma se avesse disprezzato se stesso, avrebbe avuto scarse possibilit� di sopravvivere. Era difficilissimo costruire un ponte fra la vita reale, quella di tutti i giorni, e la sua anima, legare ad uno scopo la sua vita interiore, darsi una base per rivalutarsi, stimarsi, amare e rispettare se stesso cos� da tornare a vivere. Fausto vedeva in se stesso un altro, cio� si sentiva come sdoppiato in due persone: una riconosceva l?indispensabile necessit� di una presa di posizione forte, l?altra lo portava a fuggire, come un codardo, davanti ad ogni pericolo.
Troppe volte aveva sentito bruciare la gola come se avesse ingoiato carboni accesi. Era convinto che in realt� nessun essere umano sia buono o cattivo ma solo che c?� in noi una aggressivit� innata, che nasciamo nel male e passiamo tutta la vita a cercare il bene. Cos� pensava.
?Quando il dolore incomincia a lasciare il tempo che trova, ? pensava anche ? ci si rende conto che la giovent� � sfumata.? Questo lo aveva scoperto un giorno nel breve tragitto che andava dal parcheggio all?ingresso dell?ospedale dove sua madre era in fin di vita. Aveva incrociato il volto di una donna che piangeva e gli era sembrata una scena di disperazione come tante, un dolore che aveva gli stessi occhi dappertutto. Forse perch� quando il dolore incomincia ad essere tanto dentro di noi, quello degli altri ci sembra pi� piccolo.
Per un buon periodo di tempo si era lascia andare cos�, col tempo che passava, nella consapevolezza che l?assopimento dei sentimenti � una cosa naturale, come il tramonto del sole, il vento o la pioggia e che come la sabbia trasportata dal vento non si pu� fermare. Ma Anika minava queste sue convinzioni, lo induceva a convincersi che non la sola giovinezza � un periodo privilegiato, ma che si riusciva ad apprezzare molto di pi� la vita proprio con il passare degli anni, e che non dipendeva soltanto dall?esperienza che rende saggi, ma soprattutto dall?autoconoscenza che rende veri? Per questo valeva la pena di cercare di vivere ogni giorno il pi� intensamente possibile. Non aveva fatto altro che faticare in tutta la sua esistenza, anche se era consapevole che questo non era successo solo a lui; ma si guardava intorno e vedeva tanta gente, che non faceva nessuno sforzo per vivere. Ora si rendeva conto che le sue erano state solo povere esperienze umane; ma nel granello di sabbia che era la sua vita, in quella immensa spiaggia di uomini, erano state esperienze grandiose, tanto grandiose che le sue parole non riuscivano che superficialmente a comunicarlo.
 
Capitolo dodicesimo
LA SOLITUDINE
Fausto amava scrivere canzoni. Di fatto non si era mai lasciato coinvolgere totalmente dai suoi problemi familiari. La solitudine era stata un?amica sincera e gli era quasi sempre stata vicina, aveva accompagnato ogni passo della sua vita. L?aveva riconosciuta e l?aveva accettata, dramma esistenziale di tutti gli uomini costretti ad affrontare i casi della vita e qualche volta a sopravvivere pi� che vivere.
La lacerazione profonda dell?anima in continua tensione fra aspettative e rinunce che lo allontanavano sempre pi� dalla realt� e lo spingevano ad inoltrarsi sempre pi� in un labirinto forse senza uscita, dove spesso s?era perso, dove per� l?aveva sempre ritrovato la sua solitudine, aveva trasportato pi� volte i suoi pensieri in posti incantati.
Quel giorno gli sembrava di averla tradita passando delicatamente la mano fra i morbidi capelli di Anika. Le aveva sussurrato:
?Ognuno di noi ha dentro di s� un essere vivo, vivo fino a quando non lo uccidiamo con le nostre paure, con le nostre falsit�, con il nostro egoismo, con la nostra indifferenza.? Lei si era aggrappata alle sue parole. Le sentiva dense di qualcosa di umanamente vero, oltre ogni apparenza.
Per lui qualsiasi cosa o movimento lei facesse, ogni espressione del suo volto aveva un senso. Ad un tratto gli era venuta una voglia pazza di tenerle compagnia per tutto il giorno e tutta la notte. Anch?essa era sola anche se appariva forte come la roccia. Non aveva pi� paura neanche nelle lunghe notti d?inverno, quando tuoni e fulmini fanno tremare persino chi � abituato a ben altro. Presto per� aveva cercato di non pensarci. Gli pareva anche un?offesa alla memoria di Franco e Francesca. Doveva allontanare quel pensiero. Si era concentrato allora sul rumore delle foglie di canna mosse dal vento, un suono che gli veniva alle orecchie quando si abbandonava alla passione di un bacio, ma subito era passata un?ambulanza.
Desiderava tanto che la vita fosse stata dolce con Anika. Era cresciuta con un bel po? di tab� che la nonna, di sette o otto generazioni indietro (Anika era convinta che fra una generazione e l?altra non intercorrono 25 anni, come aveva trovato scritto sui testi di statistica, ma sette o al massimo otto), le aveva trasmesso. In realt�, oltre a metterla in guardia su ogni cosa che faceva, le ripeteva almeno una volta al giorno, di stare attenta agli uomini, di non farsi toccare o avrebbe perso l?onore. E poi quel proverbio siciliano... ripetuto almeno un volta alla settimana, non ne poteva pi� di ascoltarlo: ?l?amore � come il cetriolo, comincia dolce e finisce sempre amaro?. Quando cercava di esprimere i propri sentimenti, le veniva subito il magone. Voleva che si capissero al volo i suoi pensieri, era convinta che fosse facile approfittarsi di lei. Tanti sogni nel corso della sua vita si erano sfumati mettendola di fronte ad una realt� della cui spesso si sentiva estranea. L?amore, era una cosa essenziale anche per lei, ma come per tutte le cose che si desiderano con tanta forza, era convinta di non averlo ancora trovato. Era diventata forte in tutto ma non aveva potuto vincere la paura dei ragni! Se cen?era uno sul suo soffitto della camera da letto, lo vedeva in sogno. A volte cambiava stanza chiudendo la porta e mettendo addirittura degli stracci nella fessura che rimaneva fra il legno e il pavimento e, nel buco della chiave. Nel tempo passato con Fausto per� aveva acquistato una tale sicurezza e, rimaneva incantata dalla sua infinita saggezza. Una sera vedendo un ragno sul soffitto del soggiorno che lavorava senza sosta alla costruzione di una aveva incominciato a strillare che bisognava ucciderlo. Fausto allora l?aveva rassicurata dicendole che aveva radici profonde come quelle di un albero perch� superava senza paura i temporali, perci� non poteva tremare alla vista di un ragnetto. Le aveva fatto capire che non si dovrebbe uccidere neanche una mosca, perci� neanche un ragnetto, perch� non conosciamo niente della loro vita, non sappiamo neanche cosa pensano di noi quando ci guardano e, che il grande amore con il quale quello sul soffitto stava costruendo la ragnatela per mangiare, poteva servire a togliere di mezzo magari una zanzara che era sicuramente molto pi� fastidiosa del quel ragno.
?Ma mi fa schifo!? ? E Fausto: ? ?forse anche lui guardandoci ha un po? di ribrezzo?.
Se lo aveva detto Fausto...
In un?altra occasione le aveva detto una frase che lei aveva appuntato su uno scontrino del supermercato, l?unico pezzo di carta che aveva trovato in tasca, per non dimenticarla: le era piaciuta troppo! ?Ogni, anche piccolo, seme � una pianta che vuole emergere e diventare grande.?
Anika ora guardava sempre in tutti gli angoli di casa, ma non lo faceva pi� per andare a dormire dove non c?erano ragni: cercava un ragnetto per avere la certezza che qualcuno vegliava sul suo sonno evitandole un pizzico fastidioso. Sorrideva, chiudeva gli occhi, spegneva la luce e come le sembrava assurdo adesso, non ci poteva pensare di aver passato trent?anni di vita nella paura di un esserino cos� interessante. Pensava al ragnetto naturalmente e qualche volta riaccendeva la luce per controllare a che punto stava con la ragnatela.
Rifaceva spesso il giro delle ore passate con Fausto, di quello che si erano detti, e al pensiero di lui si addormentava. Non ricordava mai i sogni, ma al mattino prima di scendere dal letto si chiedeva cosa stesse facendo Fausto in quel momento. Tratteneva l?impulso di un buongiorno telefonico, ma avrebbe voluto essergli vicino e svegliarlo con una carezza e una fumante tazzina di caff�, corretto con poche gocce di sambuca come piaceva a lui. Lo avrebbe fatto con un servizio impeccabile, con tanto di piattino e vassoietto. Adesso incominciava a convincersi di aver trovato un amore. Non sapeva come fosse quello vero ma aveva la sensazione che cos� doveva essere, anche se fosse finito da un momento all?altro. Forse si era innamorata una volta, ma proprio nel giorno in cui lui aveva deciso di sposare un?altra. Troppe volte il freddo della notte aveva ghiacciato le sue lacrime e anche se avrebbe voluto tenere segreto questo sentimento per mantenerlo intatto, inevitabilmente traspariva dai suoi occhi,
Difficilmente Fausto telefonava. Arrivava da lei sempre all?improvviso ed era sempre ben accetto. Di quegli incontri, era rimasta dentro la mente di Fausto una sensazione di grande pace, almeno cos� gli sembrava; ma sia l?atteggiamento del suo pensiero, volto sempre alla prima opportunit� di vedere Anika, sia il suo cuore quando lei era lontana (partiva spesso Anika, per lavoro), non erano dello stesso parere. Ma era sempre pi� convinto di essere stato fortunato che alcuni dei suoi passi graziosi e nello stesso tempo semplici e forti avessero attraversato un lembo della sua vita ed interrotto il percorso dei suoi sogni.
Lui sapeva ora che la vita non aveva bisogno di loro due per rinnovarsi, per fluire eternamente. Tutto nasce dal mare e tutto torna a lui. Ma Fausto, sulla riva, nel cadenzato rumore delle onde che si smorzavano sulla spiaggia, ogni volta aspettava il suo ritorno.
 
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